La fase espulsiva (quella cioè nella
quale si spinge per far uscire il piccolino dalla pancia) è durata circa due
ore, forse qualcosa di più. Sebbene sia stata dolorosa, sfiancante e
distruttiva, decisamente preferibile al travaglio. L’espulsione funziona
suppergiù così: appena arrivano le
contrazioni, che però adesso non fanno più tanto male, tu devi spingere, spingere
come una pazza, con tutta la forza che hai, come se dovessi fare la cacca (e
infatti, pare che l’abbia fatta due volte, una consapevolmente, l’altra me lo
ha detto F. dopo, io non me n’ero accorta. Nota trash). Tra una spinta e
l’altra, soprattutto la seconda ora (la prima ero rinvigorita dalla fine del
travaglio), mi demoralizzavo e continuavo a dire: «Non ce la faccio. Non ce la posso fare». E qui
interveniva l’ostetrica che mi ha seguito per il parto (bravissima), che
riusciva davvero a farmi rialzare, dicendo sempre: «Certo che ce la fai. Sei
bravissima. Tra poco vediamo se ha i capelli» (in verità questi capelli non si sono
mai visti, perché la Coty è nata senza; in ogni caso era un inganno bello e
buono perché la testa non si è vista se non nelle tre o quattro spinte finali).
La prima cosa buffa dell’espulsione è che tu vai in sala parto e senti
urlare e dire cose inimmaginabili dalle altre donne che partoriscono nelle sale
parto accanto alla tua. E non sai che presto quelle urla e quelle cose inimmaginabili
usciranno anche dalla tua, di bocca. Un’altra cosa buffa è che
tu pensi di stare sdraiata a gambe aperte e spingere (come si vede nei film) e
invece no! Questo succede solo alla fine. In verità per due ore spingi dalle
posizioni più estreme e impensabili: ho cominciato seduta sul WC, per finire impiedi
attaccata al letto, passando per uno sgabellino. E poi si rassicurino i mariti o
i compagni che hanno paura di assistere o che non sanno come comportarsi
eccetera. Non c’è tempo per la paura, o per il disagio, perché dovete stare sul
pezzo. F. doveva partecipare attivamente, non solo confortandomi e incitandomi,
ma anche arreggendomi, sollevandomi, tenendomi per le spalle, massaggiandomi la
schiena e cose del genere.
Io non ho fatto l’epidurale. Dicono che con l’epidurale non riesci a
controllare le spinte e quindi può succedere che spingendo troppo ti spacchi la
schiena e che l’uscita per il bambino sia troppo traumatica. Sono felice
pertanto di non averla fatta, perché Coty Cò si è presa tutto il tempo per
venire al mondo; e proprio verso la fine, quando ero alle prese con le ultime
spinte, l’ostetrica mi ha detto che la piccola era sveglia ma tranquillissima, sembrava
non patire per niente la discesa. È uscita rosea, poco chiazzata di sangue, con
i suoi occhi azzurri e le gambine lunghe. Bellissima. La mia bambina. La nostra
bambina.
È vero tutto quello che dicono sul parto. Appena la vedi, c’è solo lei. Sparisce
la fatica, il dolore, ed incredibilmente dimentichi tutto; non sai nemmeno come
sia possibile, ma lo rifaresti di nuovo. Solo per rivivere quell’attimo magico
in cui un capino piccolo piccolo emerge. E ti sembra di non aver mai visto
niente di più bello, e ti sembra di non aver mai amato nessuno fino a quel
momento. Allora, tu non sei più incinta, non sei più la stessa persona di prima,
ma sei una mamma. È il miracolo della vita. Quasi una magia.