lunedì 11 marzo 2013

A me pare che gli uomini non abbiano assolutamente capito la potenza dell’amore...


È tempo di tornare a Platone.

Qualche giorno fa, durante una lezione, ho chiesto a N. di ripetermi il così detto mito degli androgini contenuto nel Simposio di Platone. Di amore in Platone ho già parlato (vedi), ma qui val la pena specificare meglio come si svolge il dialogo. Socrate si trova a casa di Agatone per una cena, dopo la quale i convitati iniziano a bere e a discutere fra loro. Il tema intorno al quale si incentra la discussione è Eros: oltre a Socrate che si esprimerà per ultimo (vedi), intervengono Fedro, Pausania, il medico Erissimaco, il padrone di casa Agatone e il commediografo Aristofane. A lui è ricondotto uno dei più celebri, più giustamente amati e più fantasiosi miti che si ritrovano nell’opera di Platone. (Tra l’altro raccontato anche da Marina Massironi in Tre uomini e una gamba, per i pigri che non volessero rileggerlo!).

N. ha studiato e me lo racconta per bene. «In principio i sessi erano tre, maschile, femminile e un sesso misto, costituito da una parte femminile e una maschile, chiamato androgino. La forma di questi esseri era tonda: le due parti sono congiunte da fronte e petto, e sono dunque costituiti da quattro mani, quattro gambe, due volti su una sola testa, eccetera. Ma proprio per la loro struttura erano terribili per forza e vigore e dunque pericolosi per gli dei: si dice che tentarono di scalzare il loro potere e provarono a assaltare il cielo. Per questa tracotanza, furono puniti e Zeus divise le due parti». N. così conclude il racconto: «Così per tutto il resto del tempo si cercano per riformare l’androgino».
Osservo: «Bé, N., io sono un po’ romantica, e direi piuttosto che per tutta l'esistenza ognuno di loro cerca la sua parte mancante, per provare a costituire quella unità perduta. Questo per Aristofane è amore». N., che, oltre a essere sensibile, è un ragazzino autoironico e spiritoso, anche molto più della media della sua età, capisce e, ridendo, a sua volta chiosa: «Uhm. Dire che riformano l’androgino è una visione un po’ alla Alien-Prometeus, eh?».

Allora ho pensato che, senza voler imporre la mia versione alla Romeo e Giulietta e la sua da film d’horror-fantascienza, farò parlare Platone attraverso Aristofane. Ed ecco qui, la parte centrale del mito degli androgini.

«Allorché la forma originaria fu tagliata in due, ciascuna metà aveva nostalgia dell’altra e la cercava; e così, gettandosi le braccia intorno e annodandosi l’una all’altra per il desiderio di ricongiungersi nella stessa forma, morivano di fame e anche di inattività, poiché l’una non intendeva fare nulla separata dall’altra» (very sensual!!!). Zeus si impietosisce e così fa loro un dono: i genitali che finora erano all’esterno, furono messi davanti (e questo fa abbastanza Alien!) di modo che l’incontro non fosse più né inappagante né sterile. «Nell’amplesso, se un uomo si imbatteva in una donna, generavano e aveva origine la discendenza. […] E dunque da tempo così remoto è innato negli esseri umani l’amore degli uni per gli altri, anzi, esso è il restauratore dell’antica natura, in quanto cerca di curare e di restituire all’unità, di doppia che è divenuta, l’umana natura. Pertanto ciascuno di noi […] è la metà, è il contrassegno di un singolo essere. […] Dunque al desiderio e alla ricerca dell’intero si dà nome amore». Mi piace la parola contrassegno, in greco è symbolon, che possiamo tradurre con "segno di riconoscimento"; in origine il symbolon era l’oggetto che veniva usato per denotare il legame di ospitalità fra famiglia e famiglia, fra città e città: l’oggetto veniva spezzato in due e ognuno dei due contraenti ne prendeva l’esatta metà, in memoria di quell’accordo originario (infatti symbolon significa anche patto e convenzione).

Ma torniamo ancora ad Aristofane, per finire… «A me pare che gli uomini non abbiano assolutamente capito la potenza dell’amore […]: congiungersi e fondersi con l’amato per diventare una cosa sola. Perché la ragione è che quella era la nostra natura, eravamo interi».

martedì 5 marzo 2013

Ci spero ancora un po'


Lo so. Mentre io ero (e sono) in preda agli ormoni della gravidanza qui nel nostro paese si stava (e si sta) consumando una tragicommedia.

Abbiamo assistito a una campagna elettorale in cui è accaduto di tutto:
1) Berlusconi è riemerso dalla cenere e tra bugie, promesse, paraculate, letterine, show televisivi (e su questo chapeau!) ha fatto risuscitare un partito in fin di vita;
2) Monti ha adottato un canino e dall’autorevole tecnico che era quando è arrivato a salvarci si è trasformato in un pessimo politico fallito;
3) Bersani ci ha dato dentro per perdere e, tra una dormita e l’altra, direi che ci è riuscito e, detto con franchezza e anche con dispiacere perché sono convinta sia un bravo politico e una brava persona, mi ha fatto pentire di non aver votato Renzi;
4) Ingroia è apparso come una meteora, ha annoiato a sufficienza e può preparare di nuovo i biglietti per il Guatemala;
5) Giannino si è inventato due lauree e un master…
E così coup de théâtre … Grillo!

Io non ho votato Grillo, lo sapete, ma capisco (e vorrei che la parola assumesse un significato forte) perché si voti per lui. Ho sentito i comizi, e, certo, se è possibile parlare di populismo, è vero che è stato in grado di fare discorsi alti, sulla dignità, sulla comunità, sulla solidarietà. Ho sentito tanti militanti, o anche solo spettatori dei comizi, e dalle interviste sembrano già belle persone, capaci di dire cose condivisibili e sensate. Il M5S ha incanalato la rabbia e la protesta per trasformarle in speranza, condivisione, desiderio di cambiare le cose.

Tutto questo, in fin dei conti, mi sembra bello. Di certo è un momento storico.
Nondimeno, siamo nella merda. Senza governo. (oltre che senza papa e senza capo della Polizia, tanto per).

Ho lungamente sperato che si realizzasse questo accordo tanto decantato fra Grillo e il PD. Certo, come qualcuno mi ha detto, potevamo crederci solo io, Gad Lerner e Dario Fo (mi sono messa insieme a personaggi illustri!). Gad Lerner perché è un idealista e se non si appoggia a questa speranza muore, Dario Fo perché è un poeta ottimista novantenne e l’anzianità gioca brutti scherzi, e io perché sono incinta e vedo tutto rosa. Temo che non ci sarà, ahimè. E credo sia un errore.
Per me c’è un momento per protestare e uno per costruire. La politica non è fatta solo di ideali, ma anche di compromessi (ed è solo con i compromessi che la storia insegna si raggiungono i più importanti risultati); è lottare per ciò che è giusto, ma anche sapersi adattare alle ragioni altrui. Dialogare, quantomeno. Ora poteva essere il momento della costruzione, del compromesso, del dialogo, della responsabilità.

Un’occasione mancata? Temo di sì. Anche se con Gad Lerner e Dario Fo ci spero ancora un po’.

sabato 23 febbraio 2013

Il giorno in cui seppi di essere incinta 5


Una storia in cinque puntate _ Quinta puntata
Nelle puntate precedenti: la mattina è finita e il test prova che sono incinta - per davvero!

A te, tesoro

Il pomeriggio del 13 dicembre è stato bellissimo. Credo di essere stata fortunata, perché avevo un bel rapporto con le mie classi. A volte ripenso a tutti loro con affetto e nostalgia, in fondo hanno portato fortuna, sicuramente da settembre a dicembre hanno contribuito a farmi stare bene.

Il 13 dicembre era, come dicevo nelle scorse puntate, il giorno dell'esame. Diversi studenti mi hanno scritto sul compito «Grazie per questo semestre», una ragazza si è spinta perfino a un ardito «Io mancherò te molto» (sgrammaticato, lo so, ma la costruzione del verbo mancare è difficile per un americano, e dovete invece apprezzare l’uso perfetto del futuro, con anche l’ “h” dopo la “c”), tutti mi hanno abbracciato alla fine, due ragazze si sono fatte una foto con me e diverse persone, prima di uscire dalla classe, mi hanno detto che il mio era stato per loro il corso preferito.
Io, che ormai mi sentivo già una mamma, me li volevo baciare tutti, un po’ mi sono commossa, ma sono riuscita a trattenere le lacrime... non era molto dignitoso! (Tra parentesi, adesso questi ormoni non me lo permetterebbero più, ormai piango per tutto. Per dirvi che qualche giorno fa a Masterchef – e già che guardi Masterchef è indecoroso – c’era un tipo che non è riuscito a fare un purè come doveva, e si è messo a piangere come un pazzo, e invece di sembrarmi un coglione, ho cominciato a piangere pure io, quasi più di lui. Lo so, per citare Crozza, è agghiacciante).

Ecco qua. Il 13 dicembre è stato uno dei giorni più belli della mia vita finora. Perciò grazie amore mio. Grazie ai miei ex-studenti. Grazie alla nonna. E grazie a te, piccolino. E lo sai, piccolino, cosa mi piace di più? Che nella frase “uno dei giorni più belli della mia vita finora” la parola migliore non è giorno, non è bello, non è vita, ma finora.

Ti aspettiamo.

martedì 19 febbraio 2013

Il giorno in cui seppi di essere incinta 4


Una storia in cinque puntate _ Quarta puntata
Nelle puntate precedenti: sono dal parrucchiere e decido di fare il test di gravidanza

Ai nonni e agli zii 

Il test si colora in fretta ma a questo punto mi muore improvvisamente il coraggio, e ho bisogno che ci sia qualcuno con me. Chiamo (rigorosamente tremante) Cl., la mia parrucchiera, con cui ho comunque confidenza (poi lei mi confesserà che pensava avessi intasato il bagno) e le metto il righello in mano.
«Che è?» fa lei «Che ci faccio?».
«Ascolta» balbetto «Se ha due linee rosse sono incinta, ma tieni presente che, anche se una è molto sottile e chiara, va bene lo stesso».
Lei guarda ‘sto righello, poi guarda me, poi riguarda lui, e infine dice, serafica, ma con quello che mi sembra un tocco di humour impagabile: «Uhm. Allora sei molto incinta». Poi aggiunge: «Vieni di là, non stare impiedi, ho paura tu svenga». Ma io non svengo, non ci penso nemmeno, sono anzi pronta a saltellare e a cantare per le prossime 24 ore.

Nel cortiletto del parrucchiere, sempre con le stagnole nei capelli, chiamo F. al telefono: da quel giorno lui è un po’ più felice, io lo so, e questo mi rende piena di gioia. Poi chiamo mio fratello, che sembra emozionato, sarà uno zio tenero e dolce, come è lui. Alla fine penso che è tempo di farsi levare le stagnole, onde evitare di diventare platino; telefonerò ai miei nel pomeriggio. Se c’è qualcuno che ha rischiato lo svenimento, credo sia stato mio papà; per quanto riguarda mia mamma, alla prima chiamata non sono riuscita a trovarla e così le ho scritto: «Oggi è il compleanno della nonna e lei mi ha fatto un regalo. Chiamami». Lei è una mamma, e tra l’altro una mamma molto intuitiva, e quindi ha capito.

Apparte le nostre famiglie, a tutti gli altri lo abbiamo detto molto più tardi (a onor del vero, tranne un’altra persona, importante per me, a cui l’ho detto il giorno dopo), ed infatti, fra la nausea e questo silenzio forzato, praticamente ho cercato di aver rapporti sociali pari allo zero, fino, appunto, a giovedì 7, il giorno dell’ecografia, quando sembravo una telefonista impazzita al centralino.

Fine quarta puntata

sabato 16 febbraio 2013

Il giorno in cui seppi di essere incinta 3


Una storia in cinque puntate _ Terza puntata
Nelle puntate precedenti: ho appena misurato la temperatura basale, e sono 37.5 gradi!

A mia nonna. Grazie 

E stavolta lo penso davvero. Sono incinta, mi dico. Lo riferisco a F., gli annuncio che comprerò il test di gravidanza e che lo farò il giorno successivo, a questo punto; lui si mostra tranquillo e mi esorta comunque alla prudenza.

Da settembre a dicembre, cioè per tutto il primo semestre, ho sostituito un’insegnante presso la scuola americana dove avevo lavorato anche quest’estate. Ho insegnato italiano tutti i pomeriggi da lunedì al giovedì a cinque classi. Il 13 dicembre, per l’appunto, era l’ultimo giorno del semestre e gli studenti avevano gli esami, pertanto la mattina, non dovendo preparare le lezioni, avevo fissato il parrucchiere.
Così mi avvio, compro il test (tutta tremante!), lo chiudo in borsa e alle 10 sono seduta sulla poltroncina, con la mia parrucchiera che mi mette le stagnole in testa per i colpi di sole. Dopo un’ora, mentre sono lì, sempre con le stagnole in testa, in attesa che i miei capelli divengano un po’ più (falsamente) biondi, e sento lo stimolo della pipì, qualcosa dentro di me si ribella e penso: «No, il test lo faccio oggi, perché è il compleanno della nonna, e questo è il suo regalo per noi, questo è il modo che lei ha per comunicare con me».

Con le stagnole nei capelli mi chiudo in bagno e faccio la pipì su questa specie di righello.

Fine terza puntata

martedì 12 febbraio 2013

Il giorno in cui seppi di essere incinta 2


Una storia in cinque puntate _ Seconda puntata
Nelle puntate precedenti: è la mattina del 13 dicembre e sembra un giorno come un altro

Alla mie amiche E. e R. 

Era diverso tempo che io e mio marito provavamo ad avere un bambino e non veniva, e vorrei qui dire che è qualcosa di frustrante e doloroso che ti porta ad essere invidiosa della felicità altrui – con senso di colpa, peraltro, perché non lo vorresti mai, soprattutto se si tratta della felicità di amiche a cui vuoi bene. Io non sono una tipa invidiosa, e perciò provare questo rabbioso rancore mi ha colto alla sprovvista, ma non sono stata del tutto capace di controllarlo. Se non sono riuscita a partecipare adeguatamente è perché mi faceva soffrire; non ne sono orgogliosa, e qui vorrei chiedere scusa, in particolare vorrei chiedere scusa alle mie amiche E. e R.
Ma spero, adesso, di aver tempo e modo di rimediare.

La mattina del 13 dicembre era il mio quarto giorno di ritardo. Considerato che il mio massimo ritardo degli ultimi anni era di 36 ore, diciamo che ho deciso di prenderlo in considerazione. Così, dato che dopo più di un anno hai perlomeno la fortuna di essere molto consapevole e soprattutto possiedi ogni strumento possibile e immaginabile, mi ficco in bocca il termometro della temperatura basale, formulando il seguente (modestamente intelligentissimo, no, scherzo!) pensiero: «Se la temperatura si è abbassata vuol dire che le mestruazioni stanno facendo fatica ad arrivare, ma, se fosse alta, bè, in quel caso, ci sono buone possibilità». Aspetto a letto, 5 minuti. Vado in bagno, mi siedo sul WC, mi tolgo il termometro dalla bocca e lui segna 37.5. Wow!

Fine seconda puntata

sabato 9 febbraio 2013

Il giorno in cui seppi di essere incinta 1


Una storia in cinque puntate _ Prima puntata

A F., con amore 

Lo so che è molto tempo che non scrivo, ma c’era una sola cosa di cui volevo parlare e per poterne parlare dovevo aspettare; dovevo aspettare che finissero quei canoni tre mesi al termine dei quali un’ecografia fuga via preoccupazioni e insicurezze e rappresenta la prova tangibile che c’è davvero una creatura dentro di te.

Ok, cari amici che mi leggete, immagino di essermi fatta capire, però fatemelo dire lo stesso, perché proprio non me lo tengo… io e F. aspettiamo un bambino! Se è un bambino o una bambina ancora non lo sappiamo: agli altri ne parlo al maschile e F. lo chiama il Giovannino, ma, quando siamo tête-à-tête, solo noi due, la chiamo sempre piccolina (anche se poi per la paura di crearle dei problemi di identità sostituisco il “piccolina” con un asessuato tesoro).
Comunque, maschio o femmina non so, ma posso dirvi che nascerà ad agosto, e che giovedì, durante l’ecografia, la creatura se ne stava sdraiata comodamente sul mio utero a pancia in su con le gambine ritte, quella testa grossa e il cuore che batteva fortissimo; una cosa dolcissima e emozionante, anche se una parte di me pensava: «Guarda guarda come se ne sta beata in panciolle, mentre la mamma combatte con la nausea da Natale».

Già, da Natale. In realtà, ho scoperto di essere incinta un giorno difficile da dimenticare, il 13 dicembre, che è il compleanno della mia nonnina.

Fine prima puntata