martedì 1 maggio 2012

Pensiero e parola


Un altro aspetto che mi piace molto della filosofia di Platone è l’uso del dialogo. Mi piace proprio che concepisca la filosofia (che, non dimentichiamolo, è amore per la saggezza) come dialogo, ovvero come contrapporsi di due (o più) individui, ciascuno dei quali è costretto a tener conto dell’altro e accetta questa contrapposizione come elemento indispensabile per l’autenticità , la verità e la crescita del proprio pensiero.

Innanzi tutto, secondo me il pensare all’interno di noi avviene proprio sotto forma di dialogo. Cioè, non so come pensate voi, ma io proprio non riesco a farlo come se partorissi un trattato scientifico. È come se nella mia testolina ci fossero delle voci, ognuna delle quali deve dire la sua. No, non sto parlando delle due solite vocine, l’angelo e il diavolo, o perlomeno, non solo. Magari avessi solo due vocine! Avrò, se va bene cinque, se va male dieci, omini nella mente che, di fronte a un avvenimento (che reputo rilevante), mi dicono: «Questa cosa è avvenuta per questo motivo», «Ma che dici?, è avvenuta per quest’altro motivo», «Siete proprio tonti, tutti e due, state dimenticando le ragioni profonde», «Ma quali ragioni profonde, vale sempre la regola del rasoio di Hoccam: è la spiegazione più banale la ragione di tutto», «Sì, ragazzi, ma qualunque sia la ragione, non serve a nulla saperla, l’importante è agire», «Oh, questa poi, e se non sapere le ragioni portasse ad agire male?» eccetera eccetera eccetera. Direte voi: ma in mezzo a questo marasma di voci non rimani immobile senza sapere cosa fare? Bé, in effetti a volte sono un po’ bloccata, la mia mente è piuttosto contraddittoria, ma interviene la volontà, che fa del suo meglio. Comunque, dicevo, a volte le vocine si fanno la guerra, altre volte invece è come se giocassero al gioco delle associazioni. E questo è il momento più bello. Una vocina dice: «Mare», allora l’altra suggerisce di pensare a un episodio avvenuto al mare, che in genere si lega sempre a una persona in particolare, e dalla persona risalgo a un altro ricordo, a un altro episodio, a un’altra persona ancora e così via. Però sto divagando. Quello che voglio dire è: quando medito, o attraverso lo scontro di pensieri diversi e talvolta opposti, o attraverso il luminoso richiamo di un pensiero all’altro, sto dialogando con me stessa. Pensare è questo, secondo me. Non avere un’unica visione ma dialogare.

D’altra parte, i greci, che la sapevano lunga, usavano un unico termine per indicare il pensiero e il discorso, che è logos. Logos per i greci è tutto: vuol dire innanzi tutto parola, nel senso di mezzo con cui si comunica con gli altri, vuol dire discorso, nel senso di conversazione, colloquio, scambio di opinioni, vuol dire racconto, nel senso di storia e narrazione, vuol dire ragione, nel senso di essenza delle cose e di spiegazione, vuol dire infine pensiero, nel senso di opinione e valutazione di un concetto o di un evento. In questo senso quello di Platone è logos. Pensiero discorsivo, potremmo dire.

Ma c’è un’altra ragione percui mi piace che Platone concepisca la filosofia come dialogo. Significa riconoscere che la filosofia non è solitudine, ma scambio. È accettazione dell’altro. È capire che se abbiamo una determinata posizione essa è vera solo se è cresciuta grazie alla posizione dell’altro, che abbiamo inglobato o anche scartato, ma che comunque abbiamo necessariamente dovuto prendere in considerazione. In altri termini, è nello scambio con l’altro, nell’essenza stessa dell’altro,  la misura della nostra verità (questa non è mia, l’ho letta in un saggio!).
Concepire la filosofia – ovvero, di nuovo, l’amore verso la saggezza – sottoforma di dialogo, mi sembra una grande e profonda trovata. Significa riconoscere che si vive nello stesso mondo, e che si è veri e saggi, o anche solo desiderosi di verità e saggezza – cosa che va bene lo stesso –  se sappiamo  confrontarci;  e che la possibilità di vivere tutti nello stesso mondo sta nell’unico spazio in cui è possibile il confronto fra gli uomini: attraverso il logos, e questa volta logos inteso nel suo significato primo, ovvero attraverso la parola.

2 commenti:

  1. Madda, come promesso sono venuta a leggerti!! Questo post sul dialogo - mi trovo d'accordo in tutto con te! - mi ha fatto pensare a quello che ci siamo dette oggi sulla mia esperienza 'stramba' con gli psicologi... in quel caso il mio non è stato un rifiuto del 'dialogo', ma di un 'monologo', perché quella tizia non interagiva con me. Forse sono inciampata in una che non sapeva fare bene il suo lavoro, perché anche il dialogo 'psicologico' si intraprende per conoscere la verità su noi stessi, ma con quel metodo (lei che ti osserva immobile e fredda pensando di capirti da ogni più piccolo gesto) non mi sembra si possa raggiungere, non trovi? Si fa prima da noi o con chi ti conosce bene :-))) Stop, il commento sta diventando un mio post! Ma quante cose ancora vorrei dire ...!
    Un bacio a presto
    Nicolle

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  2. Ciao Nik! Tu parli di un dialogo particolare, quello nel quale l'aprirsi agli altri è aprirsi proprio completamente, svelando anche i nostri desideri e paure profonde. Non era un dialogo, per così dire, innocuo, senza implicazioni. Bisogna aver voglia di farlo. E non è scontato per niente! E per farlo bisogna avere davanti la persona giusta, una persona di cui ci si fida. Perciò, sì, hai ragione, meglio con chi ci conosce bene! Un abbraccio
    Madda

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