domenica 30 settembre 2012

Ho paura torero


Dopo il post sulle Avventure lavorative-Parte III ci sono stati molti sconvolgimenti positivi nella mia vita lavorativa, appunto (neanche li avessi chiamati!). Si sono tutti concentrati nel giorno di mercoledì 19 settembre (una giornata memorabile, doveva anzi durare 72 ore e tanto che c’ero avrei dovuto giocare alla lotteria. Una botta di culo così non so da quanto tempo non la vedevo). Ma per scaramanzia per ora mi riservo di raccontarveli, diciamo solo che sto respirando e che al momento non guadagno più solo 600 euro al mese…
Questo solo per tranquillizzare alcuni lettori e anche per creare un po’ di suspance…

Il post di oggi è invece di nuovo dedicato alla lettura. Quest’estate non sono riuscita a trovare un libro memorabile, o anche solo un buon libro, da consigliarvi. Il migliore che ho letto è stato Se ti abbraccio non aver paura: la storia (vera) di un viaggio in moto e in macchina attraverso gli States e il Guatemala di un padre con suo figlio. Niente di strano, per ora, se non che il figlio in questione, Andrea, è un ragazzino autistico. Si tratta di un libro toccante e dolce, con la forza delle storie vere, senza un lieto fine, o per meglio dire, senza una fine: è solo il racconto di un momento straordinario all’interno di una vita difficile, ed esprime con coinvolgente passione l’amore di un padre verso il proprio figlio, e il suo tentativo di comprenderlo, di essergli accanto, di aiutarlo. Andrea, assente e presente a modo suo, che ama toccare le pance, che potrebbe abbracciare un estraneo all’improvviso, che viaggia con una bacchetta magica e sempre e rigorosamente in punta di piedi, è davvero la luce di questa storia. Impossibile non adorarlo.

Se d’estate non sono riuscita a trovare libri del tutto soddisfacenti (a parte quello citato) ho cominciato l’autunno con un titolo che al contrario consiglio caldamente: Ho paura torero di Pedro Lamebel. È un autore molto amato e conosciuto in Cile, credo che questo sia il primo (o forse il secondo) libro tradotto in Italia. Come tutti i sudamericani, Lamebel ha una prosa calda e poetica, immaginifica e sensuale, capace di spaziare con facilità dal riso al pianto, dalla commozione all’indignazione, dall’amore alla politica.
Siamo a Santiago, durante la dittatura di Pinochet. La protagonista, la Fata, è un transessuale romantico e sognatore, che non si sa come si ritrova in casa un gruppo di militanti del fronte patriottico Miguel Rodriguez, alla ricerca di un rifugio sicuro in cui portare le loro cose e fare le loro riunioni. La Fata è pazzamente innamorata di uno di loro, Carlos, giovane e bellissimo studente, ed è per amore che finge di non comprendere cosa stia succedendo, che accetta missioni rischiose, che si fa ingannare consapevolmente. È il racconto perciò di un amore impossibile e appassionato, con momenti di lirica bellezza, costruito su un personaggio davvero meraviglioso: la Fata, ingenuamente coraggiosa, follemente ardente, dolcemente buffa, che odia ascoltare la politica alla radio, mentre ama cantare canzoni d’amore, ma ugualmente capace di grandi slanci e di altrettanto grandi sacrifici. La vediamo indossare vistosi cappelli per piacere a Carlos (pur sapendo che non l’avrà), la vediamo dimenticare sbadatamente le armi in autobus e andarsele a riprendere con un piglio ardimentoso e quasi compiaciuto, la vediamo stendere una sua tovaglia splendidamente ricamata sulla spiaggia per rendere magico un addio.
Ma se la Fata è certo l’anima di questo libro, direi che i momenti più divertenti li regalano i dialoghi fra un vecchio e pauroso Pinochet e la sua insopportabile e logorroica moglie. Indimenticabili le premonizioni della moglie avvisata dell'attentato dallo stilista Gonzalo che le aveva fatto le carte. E spassoso il racconto che regala alla televisione: secondo lei, le pallottole avevano disegnato – sul vetro della macchina – l’immagine della Vergine che aveva salvato il marito.

Lamebel, nella sua apparente leggerezza, non dimentica l'impegno politico e sociale. E spesso si aprono squarci su una Santiago oppressa dalla dittatura, cupa e isolata, ma nella quale si agitano, sotto l’apparente rassegnazione, rivolte popolari, simbolo di una mai sopita vitalità.

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