mercoledì 11 aprile 2012

Intro


Questo è il mio primo post. E perciò ho pensato di spiegare perché la scelta di questo nome ,"Io e Platone", che potrebbe apparire pure un po' pretenzioso. No, non ci sono similitudini fra me e Platone. Platone in realtà è molto legato alla mia vita, in modo simbolico, un po' come compagno e maestro spirituale: innanzi tutto ho studiato filosofia all'Università, poi mi sono dottorata in filosofia antica (scelte inattuali o quantomeno discutibili, ok) e di Platone ho lungamente parlato nella tesi; e poi a me Platone, nell'immagine che mi sono costruita di lui, è sempre rimasto simpatico. 
Innanzi tutto, dicono che il suo nome sia in realtà un soprannome: Platone verrebbe da platys che in greco vuol dire ampio, perciò qualcuno sostiene che sia stato chiamato così perché aveva le spallone. Era un palestrato, insomma. A me la cosa è da quando vado a scuola che mi fa schiantare dalle risate. È il perfetto kalòs kai agatòs. Cioè, Platone era un super mega cervello come mio marito ed era un super mega figo come… uh… vediamo un attimo… come mio marito senza la pancetta? Uhm, non è credibile… ok, come Viggo Mortensen allora.
Poi. Platone non ha avuto paura di cambiare idea pur rimanendo se stesso. Tutta la sua filosofia è incentrata sulla teoria delle idee, ma nell’ultima parte della sua vita non ha avuto paura di modificarla, di metterla in discussione, di attaccarla lui stesso. Ha dubitato di quello che lui stesso aveva creato. E così ha cercato di perfezionare, o per meglio dire di migliorare, la sua teoria. A me questo piace, mi piace chi è capace di dubitare di se stesso, non per distruggersi, ma per ricostruirsi un po’ meglio di prima.
E infine… farei direttamente parlare lui: «L'anima se ne sta smarrita per la stranezza della sua condizione e, non sapendo che fare, smania e fuori di se non trova sonno di notte né riposo di giorno, ma corre, anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede la bellezza. E appena l'ha riguardato, invasa dall'onda del desiderio amoroso, le si sciolgono i canali ostruiti: essa prende respiro, si riposa delle trafitture e degli affanni, e di nuovo gode, per il momento almeno, questo soavissimo piacere. [...] Questo patimento dell'anima, mio bell'amico a cui sto parlando, è ciò che gli uomini chiamano amore». Come si può non “amare” qualcuno capace di scrivere una cosa così piena al tempo stesso di passione e di grazia, di senso e di eleganza, in una sola parola di vita? 

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